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Marco Masciaga – Petrolio, nasce l’asse Russia-Cina: mega-contratto da 270 miliardi di dollari per il colosso statale Rosneft

Con una mossa destinata a spostare decisamente verso Oriente il baricentro del proprio business, il colosso energetico russo Rosneft ha firmato venerdì a San Pietroburgo un contratto con la Cina che gli consentirà di esportare verso Pechino 365 milioni di tonnellate di petrolio nell’arco di 25 anni. Il contratto, del valore di 270 miliardi di dollari, è uno dei più grandi mai siglati nella storia dell’industria energetica mondiale.

Per comprendere la portata dell’accordo basta pensare che i 600mila barili al giorno di fornitura sono esattamente il doppio di quanto inviato attualmente in Cina dalla società moscovita. Dopo l’annuncio ufficiale, il presidente russo Vladimir Putin non ha escluso che il totale delle forniture a Pechino possa un giorno salire fino a 900mila barili al giorno. Un’ipotesi non così improbabile se si tiene conto del fatto che lo scorso novembre, secondo i dati dell’Iea, la Russia ha superato l’Arabia Saudita diventando il primo produttore mondiale, mentre la Cina è ormai stabilmente il secondo consumatore del pianeta dopo gli Stati Uniti.

Con questo contratto – e gli anticipi che comporta, nell’ordine di 60-70 miliardi di dollari – Rosneft ha la possibilità di alleggerire in maniera sostanziale il proprio indebitamento e trovare nuove risorse con cui sviluppare i suoi giacimenti artici.

L’accordo ha anche implicazioni geopolitiche difficili da ignorare. Con il nuovo contratto Rosneft, una società statale che oggi è leader incontrastata del mercato petrolifero russo, sposta verso una regione a forte crescita come l’Asia una parte importante del proprio sforzo distributivo, ridimensionando così la propria esposizione verso gli assai meno dinamici mercati europei. Il nuovo accordo non comporterà automaticamente una redistribuzione verso Est della produzione attuale, ma determinerà piuttosto l’invio verso la Cina di quanto inizierà a venire estratto di qui a pochi anni nei nuovi giacimenti di Rosneft in Siberia Orientale.

Per Pechino il deal con il colosso russo rappresenta un passo ulteriore verso quella sicurezza energetica che è sempre più centrale nelle strategie di crescita cinesi. La seconda economia mondiale è sempre più dipendente dalle importazioni di petrolio per alimentare le proprie industrie e da alcuni anni sta facendo in modo di non dipendere troppo da singoli fornitori e da singole rotte.

L’accordo con Rosneft rafforza i rapporti con un produttore non-Opec (a Vienna la Russia è un semplice Paese osservatore) e utilizza una direttrice (in Asia nord-orientale) meno rischiosa di quelle che portano in Cina il greggio mediorientale attraverso l’Oceano Indiano e lo Stretto di Malacca. La fragilità di quella rotta è da tempo considerato un fattore di rischio dagli strateghi cinesi che da una parte spingono per un rafforzamento della presenza navale di Pechino nell’Oceano Indiano e dall’altra per la creazione di un oleodotto e di un gasdotto che colleghino il porto birmano di Sittwe con la regione cinese dello Yunnan così da bypassare lo Stretto di Malacca, un collo di bottiglia facilmente bloccabile da forze ostili a Pechino in caso di conflitto.

http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-06-21/petrolio-nasce-asse-russiacina-152414.shtml?uuid=AbOIt66H